Siderno(RC)-LA MADONNA DI PRESTARONA TRA STORIA E LEGGENDA.

Aristide Bava
SIDERNO – La Locride è terra piena di tesori molti dei quali ancora da scoprire, almeno da parte del grande pubblico. E se è vero che spesso l’incuria dell’uomo minaccia di compromettere alcune di queste “bellezze” come ha denunciato l’Associazione Gente in Aspromonte in riferimento alle precarie condizioni in cui viene lasciata la grotta di Santo Jeunio nelle alture tra Canolo e Gerace è anche vero che la bellezza dei luoghi circostanti non la può cancellare nessuno e,alla di estremo interesse è stata , soprattutto sotto l’aspetto storico-religioso la visitfine, vale, in ogni caso scoprire il fascino e i misteri dell’entroterra della Locride. La visita alla grotta di Santo Jeunio, una cavità naturale dell’omonimo monte, romitorio rupestre risalente al X secolo dove lo storia racconta che fu dimora del Santo dedito all’eretismo e ai prolungati digiuni (Jeiunio – digiuno, ancora oggi nel dialetto locrideo dijunu)è di estremo interesse soprattutto sotto l’aspetto storico-religioso. Un aspetto che fa da appendice alla possibilità di visitare anche, nelle vicinanze, il Santuario della Madonna di Prestarona, nato come appendice del monastero di San Filippo d’Argirò distante circa due chilometri, restaurato a cavallo degli anni 1930 – 1940 , dove è custodita la statua di Maria madre di Gesù particolarmente venerata dagli abitanti di Gerace e Canolo. E qui storia e leggenda si mischiano e rendono ancora più affascinante la voglia di conoscere i ricordi di un tempo che rendono l’entroterra della Locride sempre più attraente. La storia, infatti, racconta che i monaci basiliani del monastero di San Filippo d’Argirò possedevano, già prima dell’anno mille, la chiesa di Nostra Signora di Prestarona. “Prestarona” deriva dal greco “peristeron” letteralmente significa delle colombe, quindi la Madonna delle colombe. Dal momento che sempre la colomba ha simboleggiato la pace la conclusione è che il santuario è dedicato alla madonna della pace. Una testimonianza dell’antichità di questa Madonna è riscontrabile in alcune monete coniate presso Mileto, dai normanni, che recano impressa proprio la sua effigie con in braccio un bambino che gioca con una colomba. Questo volatile è il suo elemento distintivo, essa infatti prende il nome proprio dalle numerose colombe che si affollavano intorno, cosa probabilmente dovuta alla posizione elevata del sito. La colomba fu poi immortalata nelle mani del bambino a simboleggiare sia la pace che lo spirito santo. Accanto alla storia si tramanda anche una leggenda abbastanza fantasiosa ovvero il fatto che San Filippo, San Jejunio e la Madonna erano due fratelli e una sorella che abitavano presso un convento in contrada San Filippo. Mentre San Jejunio si recava a pregare nella contrada che oggi porta il suo nome e San Filippo restava in convento, la Madonna si allontanava continuamente senza dire dove andasse. Una sera i monaci del convento la seguirono trovandola a pregare presso il luogo dove oggi sorge la sua cappelletta. Altre volte la trovarono a pregare su un albero di gelso ed ancora nei pressi di un masso dove oggi sorge la chiesa. Una sera, racconta la leggenda, ella non fece più ritorno al convento ed i monaci, che uscirono ancora una volta per cercarla, la trovarono tramutata in pietra. Raccontato l’accaduto al vescovo questi organizzò una solenne processione che condusse la statua nella cattedrale di Gerace ma la mattina seguente, inspiegabilmente, la madonna ritornò presso quel masso. Una processione ancora più solenne la riaccompagnò a Gerace ma il giorno dopo fu nuovamente trovata in mezzo ai campi. Il vescovo allora capì le intenzioni della Madonna e fece costruire, proprio sopra quel masso, il santuario a lei dedicato che venne abitato dai monaci basiliani. Quando questi se ne andarono, e qui la leggenda si mischia con la storia, affidarono la Madonna ad un eremita che ebbe sempre cura di tenere accesa la lampada di fronte alla statua. Il Santuario rappresenta una testimonianza di grande impatto emotivo e ogni anno è tatro di una grande festa popolare da parte della comunità di Canolo e dei centri viciniori.