Aristide Bava
SIDERNO – Zona archeologica a pochi chilometri dalla marina di Siderno, scoperta anni fa completamente dimenticata. Si trova vicinissima al centro abitato di Siderno superiore ( proprio sopra la contrada Salvi). In una zoina che è una testimonianza di archeologia,ma anche di storia, fatica umana ed emergenza ambientale davvero unica. Si chiama Monte Ginarra ( mt. 452). Così è indicato dalla cartina dell’IGM ( Istituto geografico militare) che arriva dal suo nome dialettale ‘ncinarra” e evidenzia la natura del territorio che richiama alla cenere ed alla calce, con una lunga lama biancastra che si protende da monte Scifa, da cui deriva, quasi a voler fendere Salvi da Giglia, le due contrade sottostanti. La zona è abbandonata e rischia il degrado. Questo grido d’allarme è stato evidenziato da Arturo Rocca presidente dell’ Osservatorio ambientale ” Diritto alla vita” che ha ricordato anche che ignoti sulla sommità “hanno prodotto tre scavi ed asportato materiale fittile di cui restano sul terreno numerosi cocci”. A suo tempo è stata allertata anche la Soprintendenza ed una parte di quel che era rimasto sul terreno è stato recuperato. Però – ricorda Rocca – anche se dopo vari solleciti è intervenuto il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza per un’informativa non c’è stato alcun seguito. Nessuno ha chiesto di essere guidato sul posto! E’ stata fornita anche una copiosa documentazione fotografica. Un’operatrice della soprintendenza che ha ricevuto il materiale ha stimato essere di epoca molto antica, forse età del ferro. Proprio a monte Scifa sono state rinvenute molte tracce di frequentazioni della prima età del ferro”, E’ probabile che questa di Ginarra fosse coeva. “Ma forse – dice Rocca- non lo sapremo con certezza perché nessuno ha voluto accertarlo, ma ai tombaroli questo non importa possono continuare indisturbati”. C’ anche, in quella zona, un particolare positivo legato alla storia e alla fatica umana: a guardare la valle, sottostante la cima, come è stata terrazzata nei secoli scorsi si resta sorpresi per la perizia e la grazia con cui la semplice sistemazione del terreno da sgretolamento ha prodotto una figura che delinea una lisca di pesce. Al centro una strada selciata della larghezza di circa due metri delimitata da due muri possenti in pietra.. Arturo Rocca evidenzia che quella strada “costituiva anche il confine tra la pertinenza di Siderno e quella di Agnana, dal cui lato dagli anni ‘50 del secolo scorso si è prodotta una lunga frana che rischia di inghiottire questa vera e propria opera d’arte. E’ già stata inghiottita una sorgente di acqua potabile detta di “Rina”. Nella zona anche , su un pianoro proteso sulla vallata la presenza di un manufatto che a detta di un esperto si tratta di una piccola ara sacrificale. E’ una pietra piatta di circa due metri per uno e mezzo su cui sono state scalpellate due nicchie una più grande dove probabilmente veniva adagiato il corpo dell’animale da sacrificare ed uno più piccolo dove alloggiava il capo e da cui si diparte una scanalatura che doveva far defluire il sangue sul terreno. “Anche questa – afferma Arturo Rocca – è stata fotografata e repertata alla soprintendenza ed anche su questa è calato il silenzio”.. A suo tempo , parliamo di più di cinque annoi addietro, la zona fu visitata da Paolo Visonà, un archeologo veneto titolare della cattedra di archeologia all’ Università amercana del Kentucky che, accompagnato dallo stesso Rocca,rimase sorpreso dal potenziale archeologico e dalla bellezza dei luoghi rammaricato anche per l’abbandono che aveva notato. Malgrado ciò non è stato fatto nulla e la zona rimane ancora preda dei tombaroli..
Nella foto Arturo Rocca e l’archeologo Paolo Visonà nella zona di Monte Ginarra