REGGIO CALABRIA-PROCESSO TAMARRA CLOSED: ACCOLTA LA DICHIARAZIONE DI RICUSAZIONE DEL TRIBUNALE DI PALMI PROPOSTA DA ERNESTO FAZZOLARI

Nella foto l’avv. Antonino Napoli.

Processo Terramara Closed: Accolta la dichiarazione di ricusazione del Tribunale di Palmi proposta da Ernesto Fazzalari. Dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione la Corte di Appello di Reggio Calabria ha ritenuto fondate le ragioni della difesa.

La Corte di Appello di Reggio Calabria (composta dai magistrati: Dott. Filippo Leonardo, Presidente. e Dott.sse Concettina Garreffa ed Adriana Trapani, Consiglieri) ha accolto la dichiarazione di ricusazione formulata dall’avvocato Antonino Napoli, nell’interesse di Ernesto Fazzalari, nei confronti dei dott. Gianfranco Grillone (presidente), Francesca Mirabelli e Federica Giovinazzo (giudici a latere), nella qualità di componenti del collegio giudicante del Tribunale di Palmi, davanti al quale è pendente il processo “Terramara Closed” a carico, tra gli altri, proprio dell’ex latitante Fazzalari Ernesto.
La Corte si è pronunciata in sede di rinvio, in seguito dell’annullamento della Suprema Corte di Cassazione, dell’ordinanza con cui la stessa Corte di Appello di Reggio Calabria aveva precedentemente rigettato la stessa richiesta di ricusazione.
La difesa del Fazzalari, rappresentata dall’avvocato Antonino Napoli, aveva rappresentato che i giudici del collegio si trovavano nella condizione di incompatibilità per avere pronunciato nei confronti del Fazzalari, in un diverso procedimento penale, sentenza di condanna per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso con la qualifica di capo, promotore ed organizzatore della cosca Zagari-Fazzalari, in epoca antecedente e prossima all’anno 2008 e fino all’8 aprile 2010, e che, pertanto, si trattava del medesimo fatto, con l’unica differenza che nel processo “Terramara Closed” la contestazione di cui all’art. 416 bis c.p., originariamente aperta, era stata dal PM della Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, chiusa alla data dell’8 aprile 2010.
La Corte, disattendendo le argomentazioni difensive, aveva ritenuto che i fatti oggetto dei due procedimenti penali erano obiettivamente diversi per struttura, finalità, per componente soggettiva, per tempo e luogo di commissione del reato ed aveva escluso l’evenienza dell’ipotesi di medesimezza del fatto prospettata dalla difesa, concludendo come i giudici, nei cui confronti era stata avanzata dichiarazione di ricusazione, non avessero manifestato il proprio convincimento in merito al processo “Terramara Closed”.
Avverso l’ordinanza della Core di Appello l’avvocata Napoli ha proposto ricorso in Cassazione che veniva accolto con rinvio, per un nuovo giudizio, alla Corte di Appello di Reggio Calabria sul presupposto che occorreva accertare se e in quale modo nel precedente processo il giudice avesse compiuto “incursioni di natura decisoria sulla posizione soggettiva successivamente sottoposta al suo vaglio”. Per il compimento con la dovuta completezza di siffatta verifica, secondo la Suprema Corte, la relativa valutazione andava fatta non soltanto sulla base del raffronto – per sua natura statico – fra le imputazioni, ma anche e innanzi tutto esaminando le affermazioni, con rilievo decisorio, fatte dal giudice ricusato negli atti del giudizio del precedente giudizio.
La Corte di Appello, accogliendo le indicazioni fornite dalla Suprema Corte di Cassazione, ha accolto la dichiarazione di ricusazione ritenendo che nel caso di specie, dalla lettura della sentenza emessa nell’ambito del primo processo, emerge che i giudici hanno preso in considerazione la ventennale latitanza (conclusasi il 26 giugno 2016) del Fazzalari come indice rilevante della sua appartenenza, con ruolo apicale, alla cosca a lui stesso riconducibile, in riferimento ad un ambito fattuale che si estende anche nel contesto temporale oggetto dell’imputazione mossa nel secondo processo, in tal modo esprimendo una valutazione nel merito sul fatto reato oggetto del secondo procedimento, ovvero la partecipazione alla medesima articolazione associativa, sia pure evoluta nel periodo immediatamente successivo a quello per il quale l’imputato aveva riportato la prima condanna.