La presentazione del libro di Carmine Pinto, “La guerra per il Mezzogiorno”, un vero e proprio best seller del settore, giunto in pochi mesi alla 5.a edizione, è stata l’occasione di una serata memorabile all’insegna della Storia del Risorgimento nel meridione nel tormentato decennio 1860-1870.
Il Prof. Pinto, con pacata sobrietà e dovizia di argomenti e citazioni documentali, ha pazientemente risposto alle numerose domande poste dal Prof. Giuseppe Caridi, dal Presidente dell’Ist. per la Storia del Risorgimento – sez. Reggio Cal., Ing. Giuseppe Macrì e dal folto ed interessato pubblico intervenuto. Dopo i saluti del padrone di casa, il Dott. Giuseppe Bova, segretario dell’Associazione “Rhegium Julii”, la presentazione del libro, sviluppatasi attraverso un dibattito seguito con eccezionale partecipazione ed attenzione del pubblico presente, ha percorso i vari snodi di quelle vicende, dalle interferenze straniere al processo unitario, al ruolo dei briganti e dei loro finanziatori palesi ed occulti, chiarendo senza lasciare spazio a dubbi o ad ambiguità, i tanti aspetti che una recente pubblicistica autodefinitasi “revisionista” affronta e diffonde con una superficialità ed una totale assenza di metodologia scientifica da lasciare perplessi gli addetti al settore e disorientati i semplici amanti della Storia, in particolare di quella dei nostri territori. Nonostante la forma improntata al dialogo ed al pubblico dibattito scelta dagli organizzatori, alla fine si è trattato di una vera e propria Lectio Magistralis nella quale il Prof. Pinto ha dipanato con chiarezza esemplare alcuni aspetti tuttora controversi sulla questione, quali la natura dello scontro, talora anche cruento e non privo di qualche momento oscuro, fra unitaristi e reazionari, il ruolo del tutto marginale delle Potenze Estere ed, addirittura, gli elogi e l’ammirazione che le Nazioni liberali da subito manifestarono nei confronti dell’Italia unita. Una serata, insomma, in cui sono stati spazzati via le valanghe di fake news che di questi tempi appestano la serena comprensione di quei fatti, attraverso il pernicioso metodo della decontestualizzazione e la pretestuosa applicazione di chiavi di lettura odierne ai fatti di quasi 170 anni fa.
“A chi giova tutto questo proliferare di falsità, spacciate, senza mai lo straccio di una prova, per complotto ai danni del Sud?” verrebbe da chiedersi.
Certo non alla verità. Ma nemmeno all’onore, quello vero, del Sud.