OPERAZIONE “CREONTE”: OTTENEVA CONTRIBUTI PUBBLICI TRUFFANDO LA REGIONE E LA PROVINCIA. LA GUARDIA DI FINANZA DI REGGIO CALABRIA SEQUESTRA BENI PER OLTRE 200MILA EURO ALL’EX PRESIDENTE DI UN’ASSOCIAZIONE ANTIMAFIA.
Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo “per equivalente”, del valore di 217.704,59 euro, disposto dalla Sezione Penale del locale Tribunale nei confronti dell’ex Presidente di una rinomata Associazione Culturale anti-‘ndrangheta .
Il provvedimento giudiziario – richiesto dal Procuratore Aggiunto della Repubblica, dr. Gerardo DOMINIJANNI, sotto il coordinamento del Procuratore Capo della Repubblica, dr. Giovanni BOMBARDIERI – è giunto al termine di un’articolata indagine, in materia di contrasto alle frodi in materia di spesa pubblica, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, volta a verificare la corretta erogazione di fondi regionali e provinciali a favore dell’“Associazione Culturale Antigone – Osservatorio sulla ‘ndrangheta”.
L’attività investigativa – basata sull’esame della documentazione esibita durante le indagini e del carteggio ufficiale acquisito presso gli enti erogatori, nonché sull’esecuzione di mirati controlli incrociati nei confronti dei fornitori, di accertamenti bancari e di attività tecniche di intercettazione telefonica e telematica delle utenze e dei dispositivi in uso al Presidente pro tempore, Dr. Claudio Antonio LA CAMERA, unite ad appostamenti e pedinamenti – ha consentito di rilevare un illecito profitto, derivante dalla percezione di contribuzioni pubbliche, quantificato, a conclusione delle indagini preliminari, in circa 400.000 € su un totale complessivamente erogato di oltre 800.000 €.
Il sistema di frode, finalizzato alla distrazione di fondi pubblici, è stato perpetrato tra il 2007 e il 2014 dall’allora Presidente dell’associazione mediante artifici e raggiri consistiti principalmente nella presentazione, al medesimo o a diversi enti erogatori, di documentazione mendace per ottenere la liquidazione dei contributi.
In particolare, la truffa è stata consumata, prevalentemente, tramite la rendicontazione di fatture recanti un contrassegno di quietanza non veritiero, in relazione al quale è stato appurato come, a fronte delle spese rendicontate agli enti pubblici, il relativo importo non sia stato – in tutto o in parte – effettivamente corrisposto al fornitore.
I regolamenti che disciplinano la concessione dei suddetti contributi, inoltre, prevedevano la liquidazione delle spese già sostenute, certificate e quantificate da apposite attestazioni che, invece, il Presidente pro tempore ha preventivamente incassato, destinandone successivamente solo una parte alla realizzazione di manifestazioni ed eventi di pubblico interesse.
L’associazione – come accertato a seguito di apposita consulenza tecnica disposta dall’Autorità Giudiziaria – ha altresì portato a rimborso fatture di importo sovrastimato per l’acquisto, in particolare dell’impianto di videosorveglianza del “Museo della ‘ndrangheta”.
Le Fiamme Gialle hanno infine scoperto come taluni documenti di spesa venivano più volte presentati, per la loro liquidazione, al medesimo o a diversi enti erogatori e che le spese rendicontate risultavano, in più circostanze, palesemente non attinenti alle finalità dei progetti finanziati.
Le indagini così eseguite hanno condotto alla segnalazione alla Procura della Repubblica reggina delle responsabilità penali ascrivibili al Presidente pro tempore dell’associazione, Claudio Antonio LA CAMERA, per i reati aggravati di falso ideologico ex art. 479 C.P., truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640 bis C.P. e malversazione a danno dello Stato ex art. 316 bis C.P..
Il Tribunale di Reggio Calabria ha quindi disposto il sequestro preventivo, in via diretta o per equivalente, della somma complessiva di € 217.704,59, provvedimento già eseguito dai Finanzieri del locale Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e che ha permesso di cautelare le disponibilità finanziarie e patrimoniali dell’indagato fino alla concorrenza del cosiddetto “profitto del reato”.