Aristide Bava
SIDERNO – Pare ormai accertato che l’infezione da Coronavirus diventa maggiormente nociva nei cittadini che hanno implicazioni cardiache. Per saperne di piu’ abbiamo parlato con il dott. Simone Ventra , originario di Locri, una delle eccellenze della Locride , medico chirurgo specialista in cardiologia vascolare, oggi in servizio presso alcune importanti strutture ospedaliere pugliesi ( tra l’altro è responsabile dell’ U.O. cardiologica del D’Amore Hospital di Taranto). Il dott. Ventra , che sin dall’inizio della diffusione del virus, si è particolarmente interessando della delicata problematica ha fatto subito riferimento ad una recente pubblicazione dall’American College of Cardiology (ACC) un bollettino clinico focalizzato sulle implicazioni cardiache dell’attuale epidemia del nuovo coronavirus. Il documento, rivisto e approvato dal Comitato scientifico e di controllo di qualità dell’ACC, offre informazioni sull’epidemia, ed esamina il coinvolgimento cardiaco precoce sulla base delle segnalazioni dei casi. Ventra entra nei dettagli precisando che “Riguardo le implicazioni cardiache precoci dell’infezione, i primi casi clinici suggeriscono che i pazienti con condizioni sottostanti sono a maggior rischio di complicanze o mortalità a causa del virus, arrivando fino al 50% dei pazienti ospedalizzati che sono affetti da una patologia cronica. Circa il 40% dei pazienti ospedalizzati con infezione virale confermata – precisa il professionista – hanno malattie cardiovascolari o cerebrovascolari e in un recente case report su 138 pazienti ospedalizzati con COVID-19, il 19,6% ha sviluppato una sindrome da distress respiratorio acuto, il 16,7% aritmia, l’8,7% shock, il 7,2% un danno cardiaco acuto e il 3,6% un danno renale acuto. I tassi delle complicanze erano generalmente più elevati per i pazienti in terapia intensiva. La prima morte segnalata è stata quella di un maschio di 61 anni, con una lunga storia di abitudine al fumo, che è deceduto per difficoltà respiratoria acuta, insufficienza cardiaca e arresto cardiaco e inoltre, alcuni rapporti inediti indicano che almeno alcuni pazienti sviluppano miocardite». Quali strategie sono da adottare – chiediamo – nei pazienti a rischio? “Sottolineando l’attuale incertezza sul virus, ci si deve basare sulle indicazioni del bollettino che fornisce le seguenti indicazioni cliniche: il COVID-19 si diffonde attraverso le goccioline e può vivere per periodi duraturi al di fuori del corpo; la priorità rimane il contenimento e la prevenzione basate sulle strategie standard personali e di salute pubblica per prevenire la diffusione di malattie trasmissibili; nelle aree geografiche con trasmissione attiva di COVID-19 (principalmente la Cina), è ragionevole informare i pazienti con patologie cardiovascolari sottostanti del potenziale aumento del rischio e incoraggiare ulteriori precauzioni”. Vale a dire ? ” Gli adulti più anziani hanno meno probabilità di presentarsi con la febbre, quindi è giustificata una valutazione attenta di altri sintomi come la tosse o la mancanza di respiro; alcuni esperti hanno suggerito che l’uso rigoroso di agenti stabilizzatori della placca ateromasica, in modo orientato alle linee guida, possa offrire una protezione aggiuntiva ai pazienti con malattie cardiovascolari (CVD) mentre è in corso un focolaio diffuso (statine, beta-bloccanti, ACE-inibitori, acido acetilsalicilico). In ogni caso tali terapie dovrebbero essere adattate ai singoli pazienti; è importante che i pazienti con CVD rimangano in regola con le vaccinazioni, incluso il vaccino pneumococcico, dato l’aumento del rischio di infezione batterica secondaria”. Cos’altro si potrebbe fare ? “Sarebbe anche prudente ricevere la vaccinazione per prevenire un’altra fonte di febbre che potrebbe essere inizialmente confusa con l’infezione da coronavirus; può essere ragionevole valutare i pazienti con COVID-19 in base alla presenza di sottostanti patologie cardiovascolari, respiratorie, renali e croniche di altro tipo per la scelta di un trattamento prioritario; i clinici devono essere consapevoli che i sintomi classici e la presentazione dell’infarto miocardico acuto possono essere messi in ombra nel contesto dell’infezione da coronavirus, causando una diagnosi determinando una sottodiagnosi. E’ bene precisare che per i pazienti con CVD in aree geografiche senza diffusione di COVID-19, l’enfasi dovrebbe rimanere sulla minaccia dell’influenza, sull’importanza della vaccinazione e del frequente lavaggio delle mani e sul costante rispetto di tutte le terapie orientate alle linee guida per le condizioni croniche sottostanti. Quella del COVID-19 è un’epidemia in rapido movimento con un profilo clinico incerto; i medici dovrebbero essere pronti a modificare gli orientamenti clinici quando diverranno disponibili ulteriori informazioni. Intanto è opportuna e necessaria una attenta prevenzione.”
nella foto Il dott. Simone Ventra